Ai tempi i cronisti lo descrissero come “uno scenario apocalittico”. La notte, il fumo, le fiamme che avanzano minacciose verso i centri abitati. A quattro anni di distanza dagli incendi che colpirono la Val di Susa, gli abitanti di Mompantero, uno degli epicentri del fenomeno, hanno ancora negli occhi le immagini della loro evacuazione temporanea e conservano nella memoria quell’angoscioso corollario di sensazioni che oggi, forse, è difficile esprimere compiutamente. Alla fine di ottobre dell’anno 2017 quando gli ultimi roghi furono estinti, la montagna mostrava le sue ferite: migliaia di ettari distrutti, una quantità imprecisata ma verosimilmente enorme di legname a terra e nuovi pericoli all’orizzonte: dall’avvio di nuovi incendi al crescente rischio erosione.
La situazione era tutt’altro che rassicurante, insomma. Un contesto problematico e come tale insidioso. Ma gli abitanti di questa valle un po’ aspra e molto generosa che al limitare della provincia di Torino si affaccia sul confine francese, si sa, non conoscono l’inerzia e ignorano qualsiasi stimolo all’autocommiserazione. Rimboccarsi le maniche, da queste parti, è da sempre la parola d’ordine. Intelligenza e programmazione, da parte loro, fanno il resto. È in questo modo che un territorio ferito riparte più forte di prima. Ed è così che anche un disastro naturale di cui tutti avrebbero volentieri fatto a meno si trasforma in un’occasione per l’avvio di buone pratiche di sostenibilità
Leggi l’ articolo completo sul sito di Wood-Mizer: “Dai roghi al rilancio economico“
